Re-Drawing the theory | Re-Drawing the House
Fonte: www.atpdiary.com
Questo è il quarto anno consecutivo in cui il collettivo Parasite 2.0 presenta una propria proposta all’interno della ricca programmazione del Premio Bugatti Segantini.
La collaborazione è iniziata nel 2013 con “School of Future Riot”, proseguita poi nel 2014 con “Primitive Future Architool” e infine nel 2015 con il progetto “Have We Become the Internet?”. Quest’anno l’intervento del collettivo ha un respiro più ampio più internazionale. Il focus su cui ruota “Re-Drawing the theory \ Re-Drawing the House”, come il titolo stesso suggerisce, è la necessità di recuperare il discorso teorico all’interno del dibattito architettonico. L’intera mostra ruota intorno alla domanda: Può oggi il disegno riportarci a ragionare sul potenziale teorico ed ideologico dell’architettura?
Gli interventi coinvolgono cinque collettivi di architetti: Parasite 2.0, Over Habitat, Fosbury, Raumplan e GanKo, e la coppia di curatori Davide Tommaso Fernando e Daniel Tudor Monteanu. Tutti i soggetti coinvolti si concentrano su un possibile ripensamento dell’ambiente domestico, cercando di rispondere all’esigenza contemporanea dell’abitare.
I Parasite 2.0 insistono così su un dibattito teorico avviato da diversi anni, dove il punto di approdo è l’idea di considerare l’ambiente privato come la nostra possibilità effettiva di realizzare un’utopia. Può quindi la casa e tutto ciò che ruota intorno a essa, essere considerata la nostra utopia, il nostro “deserto domestico”?
La mostra inizia con l’intervento “Alte Meister Komödie” nato dalla collaborazione di Rampluan e GanKo. Questi pongono le basi di tutto il percorso che si snoda negli spazi espositivi di Villa Vertua. I due collettivi portano infatti in mostra i disegni e le immagini degli interni del più importante interior designer del novecento, Adolf Loos, considerato il primo architetto moderno e noto al grande pubblico grazie al suo famoso testo “Ornamento e Delitto” (1908). La poetica di Adolf Loos è estremamente importante ai fini della ricerca promossa da “Re-Drawing the theory \ Re-Drawing the House” poiché egli è il primo ad essere riuscito con un estremo pragmatismo ad allestire gli interni domestici a misura del cliente e rispettando le sue esigenze. L’operazione promossa da Rampluan e Ganko diventa così una sorta di ricostruzione storica e cronologica che, per mezzo delle immagini iconiche del lavoro di Loos, funge da polo dialettico per tutti gli altri progetti presenti in mostra.
Crypto Domestic Desert_Parasite 2.0, Photo Francesco Stelitano
Il discorso teorico affrontato dagli Over Habitat risulta diametralmente opposto a quello appena descritto. L’installazione “Be your self” racconta, infatti, un altro modo di pensare l’architettura, dove l’architettura fai da te si contrappone a quella d’autore, ritenuta troppo spesso distante dalle esigenze del mondo reale. In questo ambito rientrano tutte quelle costruzioni eclettiche che normalmente è possibile osservare nelle zone periferiche. Sono quelle case personalizzate in modo stravagante e molto spesso kitsch, quegli accocchi di elementi prefabbricati in maniera unica e singolare, che raccontano qualcosa della personalità di chi le ha volute così. Ogni casa diventa dunque simbolo di un modo d’essere, capace di esprimere i desideri e le frustrazioni dei proprietari. Oltretutto, la personalizzazione dell’edificio è comunemente implementata attraverso l’utilizzo di elementi retorici e codificati, imposti culturalmente. Questo tipo di costruzioni costituiscono, come pratiche spontanee, delle istante mosse dall’architettura popolare che si contrappongono all’architettura d’autore: sono dunque un fenomeno popolare che si manifesta, anche se in modo differente, in tutte le classi sociali. L’elemento interessante e paradossale di questa pratica della “singolarità” della costruzione è che, ciò che la rende possibile, è la struttura di base con cui è costruita la casa, una struttura di cemento armato uguale e comune a tutti.
Il collettivo Fosbury, con il progetto “Ganzefeld. Ambienti di resistenza per individui sociali”, sposta la riflessione su un possibile ripensamento degli spazi privati dopo l’arrivo della share economy. Infatti, lo spazio domestico con piattaforme quali Airbnb, diventa spazio commerciale; eppure, il meccanismo di condivisione risulta efficace solo se ci sono ancora spazi personali, non del tutto codificati, che riflettano appunto specifiche identità. In mostra il collettivo espone dei progetti inediti di ambienti domestici e privati per eccellenza come ad esempio il bagno o la camera da letto, ogni progetti è realizzato pensando alla massima personalizzazione possibile. L’intervento dei Parasite 2.0, invece, si pone come icona stessa di tutto il progetto, che funge da impianto teorico visivo. Per l’occasione il collettivo ha realizzato una tenda da campeggio rivestita da una texture con l’immagine del deserto, il nuovo Deserto Domestico.
In mostra, inoltre è presente una selezione di quattordici disegni che hanno partecipato al concorso “Architectural images in the age of Instagram \ What is my private space?”, curato da Daniel Tudor Munteanu e Davide Tommaso Ferrando, concorso vinto da Fabio Cappello e Giuseppe Resta.
Crypto Domestic Desert_Parasite 2.0, Photo Francesco Stelitano
Cappello Fabio, Resta Giuseppe, vincitore del concorso